Adempimenti antiriciclaggio del curatore fallimentare e obbligo di comunicazione di operazione sospetta

Di: Antonio Fortarezza
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Con le regole tecniche antiriciclaggio per i Commercialisti, emanate ai sensi dell’art. 11, comma 2, del Dlgs. 231/2007, approvate dal CNDCEC nella seduta del 16 gennaio 2019 ed entrate in vigore lo scorso 1 gennaio 2020[1], il Comitato di Sicurezza Finanziaria[2] ha reso il suo parere favorevole nel giudicare a rischio di riciclaggio non significativo[3] (ricomprendendovi anche il rischio di finanziamento al terrorismo) la prestazione professionale svolta dal Curatore nell’ambito della procedura fallimentare.

La qualificazione in termini di rischio non significativo[4] dell’attività svolta dal professionista nominato dall’Autorità Giudiziaria Curatore è di grande interesse, poiché gli consente di poter applicare nell’ambito di tale incarico professionale, una deroga agli ordinari obblighi di adeguata verifica della clientela previsti all’art. 18 e 19 del D.Lgs. 231/2007.

Vi è da notare che tali deroghe non riguardano solamente il Curatore fallimentare ma anche l’eventuale professionista tenuto a svolgere una prestazione professionale nei confronti della procedura fallimentare (su incarico della procedura). Si pensi ad esempio al caso del professionista che viene incaricato dalla procedura fallimentare di fornire una prestazione tributaria o una analisi tecnica su alcune voci del bilancio o ancora, una prestazione professionale relativa ad un parere in materia giuslavoristica, etc.….

Infatti, per quanto riguarda l’adeguata verifica, gli adempimenti antiriciclaggio del Curatore fallimentare ma anche del professionista incaricato dalla procedura di svolgere una prestazione professionale, consistono unicamente nel conservare una copia del provvedimento di nomina da parte dell’autorità giudiziaria, e dunque non si dovrà procedere all’identificazione del cliente, all’identificazione del titolare effettivo, all’ottenimento di informazioni sullo scopo e sulla natura della prestazione professionale e a svolgere il controllo costante previsti all’art. 18 e 19 del D.Lgs. 231/2007.

Restano invece invariati gli ordinari adempimenti antiriciclaggio del Curatore fallimentare in ordine agli obblighi di conservazione dei dati e delle informazioni previsti all’art. 31 e seguenti del D.lgs. 231/2007, ovviamente limitati alla semplice conservazione della copia del provvedimento di nomina dell’Autorità Giudiziaria, senza preoccuparsi di conservare gli ulteriori dati previsti all’art. 31, comma 2, del D.lgs. 231/2007 poiché non vi è l’obbligo di acquisirli (il riferimento è in particolare alla data di instaurazione del rapporto, dati del cliente, dati del titolare effettivo etc.)[5].

Inoltre, (come peraltro già illustrato in un precedente articolo del mese di giugno 2018[6]), nelle Linee Guida antiriciclaggio del CNDCEC, emanate nel mese di maggio 2019, si è fatto definitivamente chiarezza, ove mai vi fosse stato qualche dubbio o perplessità, sulla circostanza che il Curatore fallimentare non sia il titolare effettivo nell’ambito del suo incarico.

Il CNDCEC ha correttamente evidenziato che nel caso di società sottoposta a liquidazione giudiziale, il curatore può ritenersi quale mero esecutore della procedura e la figura del titolare effettivo (o dei titolari effettivi) va invece ricercata in seno alla società sottoposta alla procedura, attraverso i criteri previsti all’art. 20 del D.lgs. 231/2007.

Ovviamente in tal caso, essendo il Curatore l’esecutore ex art.  1, comma 2, lettera p del D.Lgs. 231/2007, sarà tenuto a fornire ai destinatari della normativa antiriciclaggio che a vario titolo intrattengono rapporti con la procedura fallimentare tutte le informazioni per consentire a costoro di svolgere l’adeguata verifica, seppur secondo modalità semplificate previste all’art. 23 del D.Lgs. 231/2007[7].

Per quanto riguarda l’obbligo di segnalazione di operazioni sospette previsto dall’art. 35 del D.lgs. 231/2007 da parte del Curatore, ovvero l’obbligo di comunicazione delle infrazioni sull’utilizzo del denaro contante previsto all’art. 51 del D.lgs. 231/2007, la fattispecie rileva elementi di maggior cautela operativa.

L’esonero dall’obbligo di segnalazione di operazione sospetta è tassativamente previsto nei casi individuati all’art. 35, comma 5, e cioè relativamente alle casistiche in cui il professionista svolga incarichi di difesa, casistica in cui l’attività di Curatore fallimentare non rientra, mentre invece la comunicazione delle violazioni relative al denaro contante prevista all’art. 51 del D.lgs. 231/2007 addirittura non presenta alcuna esenzione o deroga.

Sappiamo che il curatore fallimentare assume la qualifica di pubblico ufficiale, ed in tal senso è evidente che su di esso incombano tutti i doveri e gli obblighi relativi a tale funzione, compreso quella di denuncia alle autorità giudiziarie di fatti penalmente rilevanti previsti dall’art. 331 del Codice di Procedura penale e che inoltre, per come indicato nel provvedimento della UIF del 23/04/2018[8], “la comunicazione alla UIF di dati e informazioni concernenti le operazioni sospette è un atto distinto dalla denuncia di fatti penalmente rilevanti”.

La circostanza che l’obbligo di effettuare delle comunicazioni rilevanti per il sistema della prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, sia un atto distinto e diverso dalla denuncia di fatti penalmente rilevanti, è di notevole importanza poiché delimita il diverso fine e le diverse necessità delle informazioni finanziarie[9].

In effetti il ruolo e la scelta che il nostro legislatore ha voluto assegnare alla UIF, che nel modello previsto dalle varie Direttive dell’Unione Europea, è quello di una “Intelligence” finanziaria (FIU, Financial Intelligence Unit) e cioè di una unità centrale nazionale che, al fine di combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, è incaricata di ricevere e analizzare segnalazioni di operazioni sospette e altre informazioni rilevanti in materia di riciclaggio, finanziamento del terrorismo e connessi reati presupposto, nonché della  disseminazione dei risultati di tale analisi.

Il nostro legislatore, al fine di coordinare e canalizzare dati e informazioni finanziarie di rilevante interesse pubblico, ha optato per un modello di “Intelligence” finanziaria di tipo amministrativo, in modo da distinguere l’analisi finanziaria dall’analisi investigativa, valorizzando l’autonomia dell’attività di prevenzione e la funzione di “filtro” assegnata alla UIF a tutela dell’integrità del sistema economico-finanziario.

Pertanto il Curatore fallimentare nell’ambito delle funzioni svolte, laddove individui condotte illecite, siano esse in materia di riciclaggio o altre condotte penalmente rilevanti ed anche in materia di violazione nell’uso del contante, sarà tenuto per i propri doveri di ufficio ad effettuare le comunicazioni e le segnalazioni, che sono dovute nella sua funzione di pubblico ufficiale, alle autorità competenti e tra queste certamente vi rientrano anche le ipotesi disciplinate all’art. 35 del D.lgs. 231/2007 e quelle previste all’art. 51 del D.lgs. 231/2007.

Sia chiaro che la portata del precetto previsto all’art. 35 del D.Lgs. 231/2007 trova il suo fondamento nella definizione di “attività criminosa” contenuta all’art. 1, comma 2, lettera b) e nella definizione molto ampia di riciclaggio contenuta all’art. 2, comma 4, e proprio con riferimento a quest’ultima definizione, il perimetro delle condotte oggetto di analisi è più esteso di una condotta di riciclaggio o autoriciclaggio prevista dal codice penale e dei suoi elementi costitutivi[10].

In ogni caso la definizione di riciclaggio ai fini amministrativi trova una sua applicazione esclusivamente se coordinata con gli scopi e la natura che il sistema di prevenzione si prefigge, ponendo un novum significativo rispetto alle singole fattispecie in taluni casi già previste nel sistema penalistico[11].

Ad esempio, potrebbe essere oggetto di interesse di un’informazione accentrata come quelle detenute dalla UIF (che può essere consultata anche dalla Guardia di Finanza per le proprie attività investigative nella sua funzione di polizia economico finanziaria) la circostanza di un bonifico o di un rapporto intervenuto tra la società fallita ed un soggetto residente in un paese ad alto rischio, o residente in un paese avente una disciplina di prevenzione e contrasto del riciclaggio non equivalente o residente in un paese individuato dal provvedimento UE Ecofin del 5/12/2017 come paradiso fiscale. In tal caso, pur essendo una operazione che sotto un profilo penale potrebbe non presentare elementi di anomalia, è una operazione che nel sistema della prevenzione e del contrasto deve essere comunicata/segnalata da parte del Curatore fallimentare.

Così come ad esempio, la circostanza che la società fallita per il tramite dei suoi organi o i suoi titolari effettivi, abbiano avuto rapporti o relazioni d’affari o relazioni finanziarie con una persona politicamente esposta, potrebbe essere una informazione che nell’ambito degli obblighi previsti dall’art. 331 del cpp risulti irrilevante mentre invece nell’ambito del sistema previsto dal D.lgs. 231/2007 sia di fondamentale importanza e come tale, oggetto di comunicazione/segnalazione da parte del Curatore fallimentare.

Ed ancora, nell’ambito dell’analisi della contabilità del soggetto fallito potrebbero insorgere anomalie in ordine alle modalità di pagamento dell’operazione:

  • Regolamento dei pagamenti mediante strumenti del tutto incoerenti rispetto alla prassi corrente dell’operazione richiesta;
  • Ricorso per importi rilevanti al contante, a libretti di deposito al portatore ovvero ad altri titoli al portatore, nonché a valuta estera e all’oro;
  • Pagamento delle operazioni o delle prestazioni mediante mezzi di pagamento provenienti, a diverso titolo, da soggetti terzi estranei al rapporto negoziale;
  • Utilizzo di conti di soggetti terzi, ovvero utilizzo di conti personali per l’impiego di disponibilità di terzi;
  • Trasferimento di fondi a favore di persone fisiche o giuridiche con sede in paesi a regime fiscalmente privilegiato o caratterizzati da regimi non equivalenti nel contrasto al riciclaggio.

Sono soltanto esemplificazioni, ma si vuole mettere in evidenza che alcune azioni o evidenze a conoscenza o a disposizione del Curatore fallimentare, potrebbero avere scarso interesse per il sistema della repressione dei reati, ma un grande interesse per il sistema delineato nel modello di “Intelligence” finanziaria definito dal D.lgs. 231/2007. In tal senso uno strumento di grande ausilio per il Curatore fallimentare è contenuto negli indicatori di anomalia per i professionisti[12], oltre che, che per la pubblica funzione svolta, negli indicatori di anomalia per la Pubblica Amministrazione[13].

Posto che le “azioni” di riciclaggio assumono un ruolo proprio del sistema amministrativo della prevenzione, l’argomento della segnalazione di una operazione sospetta nell’ambito della procedura fallimentare, deve necessariamente coordinarsi con l’art. 12, comma 7, del D.lgs. 231/2007, che prevede la collaborazione e lo scambio di informazioni tra le Autorità.

Infatti, l’art. 12, comma 7, del D.lgs. 231/2007 prevede che l’autorità giudiziaria, quando ha fondato motivo di ritenere che il riciclaggio, l’autoriciclaggio o l’impiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita ovvero le attività preordinate al compimento di uno o più atti con finalità di finanziamento del terrorismo, siano avvenuti attraverso operazioni effettuate presso gli intermediari sottoposti a vigilanza, ne dà comunicazione alle autorità di vigilanza di settore e alla UIF per gli adempimenti e le analisi di rispettiva spettanza e le notizie comunicate sono coperte dal segreto d’ufficio.  Ovviamente, si prevede che la comunicazione può essere ritardata quando può derivarne pregiudizio alle indagini.

Tale necessità di coordinamento del Curatore fallimentare con gli organi della procedura assume un ruolo fondamentale, poiché all’interno del D.Lgs. 231/2007 è previsto un apposito flusso nello scambio di informazioni tra la Pubblica Amministrazione e l’Unità di Informazione Finanziaria che il legislatore ha individuato sia nell’art. 10, in cui si prevede che al fine di consentire  lo svolgimento di analisi finanziarie  mirate a far emergere fenomeni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo,  le Pubbliche amministrazioni comunicano alla UIF dati e informazioni concernenti le operazioni sospette di cui vengano a conoscenza nell’esercizio della propria attività istituzionale, che nell’art. 12, comma 7, del D.lgs. 231/2007.

In tal senso, sono moltissime le Procure italiane che hanno stipulato appositi protocolli[14] con la UIF per rendere ancora più intensa la collaborazione in tema di prevenzione e contrasto della criminalità finanziaria, del finanziamento del terrorismo e del riciclaggio dei capitali illeciti e a dare piena ed efficace attuazione alle norme in materia di scambio di informazioni come quella sopra citata.

Infine, laddove il Curatore fallimentare abbia avuto conoscenza nell’esercizio della propria attività istituzionale di violazioni relative all’utilizzo del denaro contante, è tenuto, ad effettuare la comunicazione prevista dall’art. 51 del D.lgs. 231/2007 al Ministero dell’economia e delle finanze per la contestazione e gli altri adempimenti, eventualmente coordinandosi con gli organi della procedura.

[1] CNDCEC Informativa n.68 del 17/07/2019.

[2] Il Comitato di Sicurezza Finanziaria (CSF), istituito con d.l. 369/2001 (convertito nella legge 431/2001) presso il Ministero dell’economia e delle finanze, la cui disciplina è contenuta nel d.lgs. n. 109 del 2007, elabora l’analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo e delle strategie per contrastarlo; esercita poteri specifici in tema di contrasto al finanziamento del terrorismo e all’attività di Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale.

[3] Con le Regole Tecniche del CNDCEC, si è modificata la metrica per l’attribuzione del rischio e sono stati individuati, i seguenti livelli: rischio non significativo, rischio poco significativo, rischio abbastanza significativo e rischio molto significativo.

[4] CNDCEC, Regole Tecniche, “…si ritiene di poter valutare a rischio non significativo, salvo diverse situazioni specifiche, le prestazioni evidenziate nella tabella seguente poiché merita di essere valorizzata l’incidenza, relativamente ad esse, di presidi di mitigazione del rischio derivanti dall’osservanza di norme e obblighi di condotta, previsti a garanzia del trasparente e corretto operato del professionista, nello svolgimento di procedure o nell’espletamento di uffici e funzioni che l’ordinamento vigente richiede siano espletati dal professionista medesimo, in funzione della sua specifica expertise…”.

[5] Poiché la Regola Tecnica del CNDCEC ha individuato nell’ambito dell’obbligo di adeguata verifica la condotta che il Curatore deve tenere, la conservazione sarà limitata a quella parte dell’art. 32 del D.Lgs. 231/2007 in cui richiede al destinatario degli obblighi antiriciclaggio la conservazione per 10 anni della copia dei documenti acquisiti in occasione dell’adeguata verifica della clientela, e nel caso di cui si discute è il provvedimento di nomina dell’Autorità Giudiziaria.

[6] Fortarezza Antonio, Il curatore fallimentare non è il titolare effettivo ai fini della normativa antiriciclaggio, in www.vedaformzione.it 11/06/2018.

[7] Possono essere diversi i soggetti destinatari della normativa antiriciclaggio, previsti all’art. 3 del D.Lgs. 231/2007, con cui il Curatore fallimentare nell’esercizio delle sue funzioni intrattiene dei rapporti. Normalmente sono gli intermediari bancari e finanziari. Si evidenzia che con le modifiche apportate al D.lgs. 231/2007 dal D.lgs. 125/2019 la platea dei soggetti obbligati si è ampliata ed all’art. 2-bis si è previsto che “nelle operazioni di cartolarizzazione di crediti, gli intermediari bancari e finanziari di cui al comma 2, incaricati della riscossione dei crediti ceduti, dei servizi di cassa e di pagamento e delle verifiche di conformità provvedono all’adempimento degli obblighi di cui al presente decreto anche nei confronti dei debitori ceduti alle società per la cartolarizzazione dei crediti nonché dei sottoscrittori dei titoli emessi dalle medesime società”.

[8] UIF, 23/04/2018, Istruzioni sulla comunicazione di dati e informazioni concernenti le operazioni sospette da parte degli uffici delle pubbliche amministrazioni.

[9] L’Unità di informazione finanziaria per l’Italia (UIF), istituita dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 presso la Banca d’Italia in posizione di indipendenza e autonomia funzionale, ha iniziato a operare il 1° gennaio 2008, subentrando all’Ufficio italiano dei cambi (UIC) nel ruolo di autorità centrale antiriciclaggio.

[10] L’ampliamento della nozione di riciclaggio e quindi delle “fattispecie presupposto del sistema preventivo è scelta coerente con la sua natura, appunto, di difesa anticipata rispetto anche al pericolo costituito da operazioni che non abbiano assunto ancora il rilievo in base alle leggi penali ma che posseggano caratteristiche tali da rendere utile un loro monitoraggio ed una loro analisi”. Mescolini Marco – Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna – Il contrasto alla criminalità organizzata: l’evoluzione del fenomeno e nuovi strumenti investigativi” Roma, 10 – 12 novembre 2008.

[11] Fortarezza Antonio, Giovanni Barbato, Nuovi Adempimenti e procedure antiriciclaggio per professionisti, studi associati e società di servizi, Euroconference, 2018.

[12] D.M. 16/04/2010.

[13] UIF 23/04/2018.

[14] Tali accordi mirano a delineare la cornice dei rapporti di collaborazione tra Procura e UIF, e a disciplinare lo scambio di informative di reciproco interesse.

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