Per il commercialista abusivo brutte novità con carcere fino a tre anni, sanzioni fino a 50 mila euro e confisca

Per il commercialista abusivo, le cose non sono mai andate bene in passato, dovendosi districare nell’indicare nelle proprie fatture prestazioni generiche e diverse da quelle che rendeva (è molto gettonata la descrizione in fattura: elaborazione dati, che è un evergreen per tutto), oppure inventarsi le cose più folli per poter trasmettere le dichiarazioni fiscali al sistema telematico dell’Agenzia delle Entrate.

Per non parlare dell’ansia da incasso delle parcelle, perchè l’articolo 2231 del codice civile, prevede senza mezzi termini che l’abusivo esercente di una professione protetta, non ha diritto di ricevere il compenso, in pratica il cliente che si accorge che le prestazioni professionali sono rese, ad esempio da un commercialista abusivo, può non effettuare il relativo pagamento.

Tra l’altro, sull’argomento, la Cassazione (n. 10937/1999) ha stabilito che l’art 2231 si applica anche quando la prestazione resa al cliente sia riferibile ad una società, per essersi essa assunta contrattualmente tale impegno, a nulla rilevando che la società si sia servita, per l’espletamento di detta attività, di tecnici iscritti ai relativi albi.

Se allo scenario già di per se inquietante sopra evidenziato, ci aggiungiamo che i proventi derivanti dal delitto non colposo di esercizio abusivo della professione di commercialista, sono proventi illeciti, in quanto proventi da reato (la legge parla di delitto non colposo e la condotta di esercizio abusivo è un delitto non colposo), lo sfortunato commercialista abusivo, ha anche il problema all’orizzonte del delitto di riciclaggio o peggio di autoriciclaggio, con una misura detentiva che può arrivare fino a 12 anni di reclusione, aumentata perchè il fatto è commesso nell’esercizio di una attività professionale.

In pratica se il commercialista abusivo consegna i proventi di questo delitto ad un soggetto che li versa sul proprio conto corrente, tale soggetto rischia 12 anni di carcere per riciclaggio, diversamente se quei proventi illeciti li utilizza direttamente l’abusivo, rischia lui stesso fino a 12 anni di carcere per autoriciclaggio.

Trattandosi come evidenziato sopra di proventi derivanti da attività criminosa, il commercialista abusivo, oltre al problema di dover spiegare al PM la provenienza dei propri denari, dovrà anche stare molto attento al rischio che presentandosi in banca per versare i denari illeciti provenienti da delitto, la banca effettui una segnalazione di operazione sospetta prevista dall’art. 35 del D.Lgs. 231/2007.

Nuove sanzioni per il commercialista abusivo

I guai per il commercialista abusivo, dal 15 febbraio 2018, si complicano a dismisura, poichè il legislatore ha radicalmente modificato le disposizioni relative alla condotta di esercizio abusivo di una professione, prevedendo il carcere fino a tre anni, una sanzione pecuniaria fino a 50.000 euro e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato.

Dal 15 febbraio 2018, il legislatore con l’articolo 12, della Legge 3/2018, modificando le disposizioni contenute nell’art. 348 del codice penale, ha fatto una scelta precisa di intervenire con maggiore severità sulla condotta di esercizio abusivo della professione di commercialista, che prima della modifica era punita con la reclusione fino a 6 mesi.

Quindi ad esempio, dal 15 febbraio 2018 (data di entrata in vigore delle disposizioni contenute all’art. 12 della Legge 3/2018), chi, non essendo commercialista, rende la prestazione di tenuta e redazione dei libri contabili, fiscali e del lavoro, o di elaborazione e predisposizione delle dichiarazioni tributarie e cura degli ulteriori adempimenti tributari di associazioni, persone fisiche o giuridiche, dovrà fare i conti con il non più improbabile rischio della reclusione fino a tre anni, della sanzione pecuniaria fino a 50.000 euro e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato come previsto dall’art. 348 del codice penale.

Insomma grossi guai per il fuorilegge che ha scelto di non sostenere un esame di stato ed essere assoggettato alle regole per svolgere la libera professione e quindi le attività protette previste dal D.Lgs. 139/2005.

Tra l’altro la questione seppur articolata, è stata anche ribadita dalla Cassazione a Sezioni Unite (Cass. pen., Sez. Un., ud. 15 dicembre 2011, dep. 23 marzo 2012, n. 11545) in cui tra l’altro si è molto concentrata sull’integrabilità del delitto in presenza di elementi come la continuità, l’organizzazione e la remunerazione.

Secondo la Corte, è da considerarsi commercialista abusivo chi svolge almeno una delle attività previste dal D.Lgs. 139/2005 secondo modalità di “continuatività”, organizzazione ed onerosità della prestazione, tali da creare le apparenze dell’attività professionale.

Gli stessi elementi di cui sopra, con una recente sentenza della Cassazione (n. 14815/2017), hanno stabilito che integra l’esercizio abusivo della professione il compimento senza titolo di condotte di tenuta della contabilità aziendale, redazione delle dichiarazioni fiscali ed effettuazione dei relativi pagamenti allorché lo stesso compimento venga realizzato in modo continuativo, organizzato e retribuito, tale da creare, in assenza di indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato.

Tra l’altro, le prestazioni della tenuta di servizio elaborazione dati, raccolta fatture attive e passive, registrazione corrispettivi, liquidazione Iva, liquidazione di situazioni periodiche con prospettive di costi e ricavi, svolte da un soggetto non abilitato, integrano il delitto di esercizio abusivo della professione di commercialista, (ove vi fossero ancora dei dubbi) così come ben delineato dalla Cassazione VI Penale, sentenza 24 maggio – 27 giugno 2016, n. 26617.

Sull’argomento, è di grande interesse anche la posizione dei Consulenti del Lavoro sul problema relativo ai CED con parere n.4 del 6 aprile 2017, oltre alle FAQ del 25/03/2014 con prot. 3094/U/38 relative ai CED e STP in materia di regolare esercizio della professione.

Reclusione anche per chi aiuta il commercialista abusivo

Oltre all’aggravamento delle misure punitive come sopra evidenziate, il legislatore nella modifica dell’art. 348 del codice penale, ha previsto una ulteriore condotta penalmente rilevante, prevedendo che si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di esercizio abusivo della libera professione ovvero ha diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo.

In materia di reato previsto dall’art. 348 del codice penale, la Cassazione (n. 19544/2012) ha stabilito che risponde del reato in esame, a titolo di concorso, “chiunque agevoli o favorisca lo svolgimento da parte di una persona non autorizzata di un’attività professionale per la quale è richiesta una abilitazione speciale”.

In pratica, ad esempio, diventa molto pericoloso da parte di un professionista anche iscritto in albi, stare vicino ad un abusivo e dirigere l’attività delle persone che con il fuorilegge sono concorse nel reato di esercizio abusivo della professione.

Si ricorda, che la professione di commercialista, e le relative attività previste e tutelate dal D.Lgs. 139/2005, possono essere svolte in forma individuale dal professionista abilitato, ovvero all’interno di uno studio associato o in una società tra professionisti (STP), altre soluzioni non ve ne sono.

Inoltre, il codice di deontologia professionale del Dottore Commercialista, prevede all’art. 42, il divieto per il professionista di favorire l’esercizio abusivo della professione oltre che un obbligo di comunicazione tempestiva all’Ordine dell’esercizio abusivo della professione da parte di chiunque. In pratica, oltre alle conseguenze penali sopra evidenziate, il professionista iscritto all’albo che in qualsiasi modo favorisca oppure non comunichi all’Ordine l’abusivo esercizio della professione, è destinatario di gravi provvedimenti disciplinari.

Obbligo di denuncia dell’Agenzia delle Entrate dell’abusivo

In questo scenario, i guai per il commercialista abusivo, diventano concreti e reali, poichè secondo le precedenti indicazioni e per la struttura della condotta voluta dal legislatore, il delitto di esercizio abusivo della professione è perseguibile direttamente d’ufficio, oltre che essere un reato che obbliga il pubblico funzionario ai sensi dell’art. 331 del c.p.p. a trasmettere senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria la notizia di reato.

Ad esempio il funzionario dell’Agenzia delle Entrate, che entra in contatto con un commercialista abusivo che in quel momento sta rappresentando o assistendo un cliente, ha l’obbligo di denunciare la condotta in argomento senza ritardo all’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 331 del cpp, e comunque allo stesso per quanto previsto dall’art. 63 del Dpr. 600/1973 è richiesto di verificare attentamente che la procura rilasciata dal cliente sia autenticata da un Notaio, poichè in caso contrario è anche prevista una sanzione amministrativa da 1.000 euro a 5.000 euro, oltre che naturalmente la possibilità di trattare per conto del cliente con la Pubblica Amministrazione. Quindi ricapitolando, per i non iscritti agli albi, la legge prevede che la procura deve essere autenticata dal Notaio ed in tal caso, ovviamente il pubblico funzionario ha il dovere d’ufficio di verificare il corretto esercizio della libera professione e in caso contrario l’obbligo di riferire ai sensi dell’art. 331 c.p.p. la notizia di reato all’Autorità Giudiziaria.

Inoltre, si ricorda, che alla Guardia di Finanza è richiesto dalla Circolare del Comando n. 83607/2012, in occasione delle ispezioni e controlli previsti dal D.Lgs. 231/2007, la verifica della legittimazione all’esercizio dell’attività da parte del professionista ispezionato (iscrizioni in albi o registri), poichè anche la pattuglia operante, è destinataria in tal caso ai sensi dell’art. 331 del cpp dell’obbligo di riferire all’Autorità Giudiziaria la notizia di reato.

Attenzione, che anche in tema di comunicazione, ad esempio fatta sul sito web, chi promuove servizi che possono essere svolti da soggetti abilitati, e nella relativa pagina web, anche soltanto per fini di pubblicità comparativa utilizzi il termine “commercialista” (ti faccio pagare meno del tuo commercialista, o il tuo commercialista per le tue esigenze e cose del genere) è punito per esercizio abusivo della libera professione con ulteriori aggravanti, poichè palesemente crea le apparenze di una attività professionale protetta per lo svolgimento della quale è necessario essere abilitati dalla legge.

In pratica, l’amministratore o il Cda di enti, che si propongono di svolgere una delle attività protette previste dal D.Lgs. 139/2005, oltre che assumersi tutte le responsabilità amministrative e penali sopra evidenziate, dovranno prestare particolare attenzione anche alle modalità con cui comunicano, nei loro slogan spesso accattivanti, i loro servizi, poichè costoro devono anche sapere, che se inducono il pubblico soltanto a pensare che l’attività sia svolta da un commercialista, rischiano anche il reato di truffa previsto dall’articolo 640 del codice penale.

Inoltre, per come è configurato il reato di esercizio abusivo della professione di commercialista, ci sono all’orizzonte anche grossi guai per il cliente del fuorilegge, poichè, oltre a sborsare dei denari per pagare chi ai sensi dell’art. 2231 non ha diritto a ricevere il compenso, rischia ricorrendone le condizioni di legge anche fino a quattro anni di reclusione per favoreggiamento.

Di Antonio Fortarezza

Striscia la Notizia. Max Laudadio stana una fuorilegge abusiva e poi il resto lo fa la Guardia di Finanza.  Guarda il video:

5 commenti
  1. Giuseppe
    Giuseppe dice:

    Buongiorno,
    volevo solo far notare che tra le attività indicate in esempio al comma 3 del titolo 2 vi sono delle attività che non sono specificatamente riservate ai Dottori Commercialisti.
    Cordiali saluti.

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  2. Angelo
    Angelo dice:

    Ogni volta che penso alle professioni contabili sono invaso da una profonda tristezza. L’Europa nella famosa lettera del 2011 suggerì all’Italia di abolire l’ordine dei commercialisti. Perché inutile??? Che i 2/3 delle dichiarazioni siano sbagliate è un dato che trova conferma in una approfondita indagine parlamentare, almeno per l’anno d’imposta 2009. E va beh, è probabile che le dichiarazioni siano state fatte per quell’anno, per la quasi totalità, da pseudo contabili. Trovo noioso ma soprattutto poco utile agli interessi del Paese parlare di abusivismo nell’ambito delle professioni contabili. Vantaggioso senz’altro tornare a parlare di liberalizzazione delle professioni magari attraverso una rilettura di un libro di Luigi Einaudi del 1955 dal titolo “Prediche inutili” ancora molto valido, nonostante gli anni, rispetto a tante parole inutili e di parte.

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    • Veda
      Veda dice:

      Se si passa con il semaforo rosso si commette una infrazione amministrativa. Se si commette il delitto di esercizio della professione è previsto il carcere. Questo è il diritto. Poi quando dal codice penale l’art. 348 verrà abolito ne riparleremo.

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